Il 21 agosto 2011, a partire dalle ore 17.00, sul sagrato della chiesa barocca di San Bartolomeo a Scicli, la galleria d’arte contemporanea La Veronica di Corrado Gugliotta presenterà The Encounter, una performance di Adrian Paci, artista albanese che in quella occasione incontrerà alcune centinaia di persone per condividere con loro il gesto della stretta di mano. Un gesto semplice ma estremamente metaforico, ripetuto in maniera ossessiva fino a diventare rituale. Un rituale dove non si celebra nient’altro che il gesto stesso. Durante la performance gli spettatori-attori aspetteranno ai margini della piazza vuota, al centro della quale sarà posta una sedia. L’artista, lasciato l’ingresso di un’abitazione, percorrerà la piazza e si siederà, aspettando finché ad una ad una le persone non cominceranno a raggiungerlo per stringergli la mano e proseguire lasciandoselo alle spalle. Come in una processione laica, una lunga fila lascerà il gruppo per comporre una barriera fitta e sottile di individui in movimento. L’azione replicata amplifica il gesto, caricandolo di un’importanza che nella consuetudine del suo ordinario sviluppo non è percepibile e il segno, ripetuto come parte di un rito che ne celebra lo svolgersi, si fa esclusivo in virtù della sua separazione dal contesto in cui il suo senso appare irrimediabilmente univoco e fine a se stesso. La piazza, luogo deputato in cui si esprimono e si sviluppano i caratteri di una comunità, è intesa come spazio privilegiato di incontro in cui produrre un evento che accomuni la performance con un luogo fortemente connotato con le proprie tradizioni. Scicli, città iblea affacciata sul Mediterraneo, dove la bellezza dell’arte barocca incrocia tradizioni antiche e di differenti provenienze in un coacervo di culture e civiltà, diventa il teatro di nuovi incontri tra identità diverse. Adrian Paci è nato a Shkoder (Albania) nel 1969. Vive e lavora a Milano. Ha esposto nelle più importanti kermesse internazionali, da Manifesta alla Biennale di Venezia, e all’interno di prestigiosi musei e spazi pubblici di tutto il mondo.
L’architetto Giuseppe Insolia affronta, a volte, nei suoi quadri i grandi temi dell’umanità: la solitudine dell’uomo su questo pianeta, il rapporto con la natura madre e matrigna, il mistero dell’infinito e della morte, l’inquietudine dello spazio stellare e la risorsa della fede. Altre volte si lascia tentare da una rappresentazione in chiave figurativa del paesaggio urbano che lo circonda. Ma non v’è dubbio che le sue qualità migliori in campo artistico si estrinsechino più compiutamente laddove egli si abbandona al senso del colore, alla costruzione dell’equilibrio nella composizione pittorica, alla sperimentazione con materiali diversi, all’espressione di un suo personalissimo mondo concettuale che rimane impresso sulla superficie levigata della tela. Allora il gesto veloce, rapido, crea campiture di colore intersecate da linee di estrema purezza, acquistando espressività dalla violenza dell’azione che pure risulta meditata, intrappolando nella finita superficie della tela una sensazione di infinito che a malapena riusciamo a contenere visivamente e a percepire mentalmente. Sono piccoli enigmi architettonici queste sue ultime opere, dal forte sapore simbolico, decisamente concettuali, motivate dal voler creare stupori, incertezze, magie.
Pina Mazzaglia, nota pittrice nativa di Santa Maria di Licodia, esporrà quanto prima i suoi quadri nei prestigiosi ambienti del Palazzo del Governo di Siracusa, nella centralissima via Roma, nel cuore della mitica Ortigia. Artista, giornalista, scrittrice e direttore del periodico catanese “L’Editoriale”, Pina Mazzaglia ha presentato le sue più recenti opere nel novembre dello scorso anno nella mostra “Ipotesi di contemporaneo” ospitata nelle sale del Castello Ursino di Catania. Ora Siracusa avrà l’occasione di apprezzare questa artista di notevole spessore. Per Pina Mazzaglia dipingere è stato sempre un fatto naturale, uno sfogo dell’anima che le ha concesso di esprimere al meglio se stessa. D’altronde l’arte è una poderosa forma di comunicazione che rende partecipe il fruitore dell’opera alle emozioni provate dall’artista creativo. Nel caso della Mazzaglia la sua pittura ripercorre i sentieri della pop-art americana, rifacendosi a Andy Warhol, ai manifesti pubblicitari, ai fumetti, alla grande cartellonistica, con una tematica precisa che è quella del sottile erotismo, della femminilità espressa senza falsi pudori, anzi col coraggio di comunicare le proprie sensazioni in un formidabile affresco che diventa emblema di un’epoca, nella quale, finalmente, la donna ha potuto conquistare una propria autonomia di pensiero, affrancata dal ruolo riduttivo di casalinga, e una sofferta libertà di espressione. E’ una pittura straordinaria, vivace e squillante nei colori e nelle dimensioni, sempre grandi, delle sue tele. La parte plastica e quella fortemente cromatica si fondono nei suoi lavori che sono un esempio di come la sensibilità femminile riesca a tirar fuori dalla “normalità” la magica essenza dell’arte. In queste “apparizioni” di immagini sulla tela regnano equilibrio spirituale e delizia dei sensi, riuscendo l’artista, con un unico gesto compositivo, a trasformare le immagini in musica e le note della vita in parole di autentica poesia. La sua opera pittorica è quindi basata prevalentemente sul gesto e sul colore, elementi unificati dal collante delle sue personalissime emozioni e sensazioni. La sua figurazione è luminosità proveniente dal cosmo, la sua radice è una ricerca assai sapiente ed elaborata nel campo della sintesi, in cui il dato pittorico viene filtrato attraverso l’interpretazione dell’artista e viene trasmesso con il suo mezzo ortografico e filologico: il segno. Segno spesso rappresentato da guizzi e tocchi fuggevoli e nervosi con i colori che si affiancano, si sovrappongono, si amalgamano e si stendono puri. Filamenti dell’anima che cerca ancora se stessa, graffiti che sognano nuove avventure visive e descrittive, che seguono i percorsi dell’immaginazione. Una ricerca basata su una impaginazione spaziale dominata da una vasta gamma cromatica che dà forza e profondità all’insieme, inventando affascinanti forme prospettiche che fanno entrare l’osservatore dentro il quadro, alla ricerca di ciò che non è visibile, di ciò che è al di fuori della convenzionale dimensione delle cose. Ne risulta una pittura praticata per determinare uno stimolo di ordine psicologico, un’espressione artistica quanto mai contemporanea e per niente superata dalle ultime esperienze nel campo delle arti visive, anzi in linea con esse.
Nella sua più recente produzione artistica Giovanni D’Amico presenta una serie di opere che raccontano un percorso evolutivo che nasce dalla pittura per poi arrivare alle forme tridimensionali di una scultura moderna e trasgressiva per materiali, forme e tecniche di realizzazione: diversi passaggi concettuali accomunati da un linguaggio unico e diversificato allo stesso tempo. E’ il risultato di anni di ricerca e di innovazione sui concetti della pittura che, tra mille varianti, contamina la creatività contemporanea e ne diviene anima e metafora ispirante insieme. D’Amico e' un artista che ha intuito il legame tra il colore e l'innovazione possibile delle forme. A questo ha lavorato incessantemente, supportato dalla tecnologia di un’azienda industriale nella quale egli può operare sul pvc estruso ad alte temperature. La contaminazione nei suoi lavori è un concetto presente a tutti i livelli: pittura e scultura, da sempre legate, possono dare origine a nuove forme espressive. Colore e pensiero possono far nascere nuove idee, come la liquefazione delle forme che D’Amico ottiene lavorando la materia a 250 gradi, intervenendo manualmente a plasmarla e successivamente colorando il manufatto con vernici che donano all’opera una particolare attrattiva magnetica. Arte e tecnologia possono originare progetti che assumono forme e articolazioni visionarie. D’Amico è e resta un pittore, che riprende il cammino verso un'arte totale ed evolve verso il futuro, cambiando dalla pittura alla scultura, attraverso forme concettuali astratte. Giovanni D’Amico unisce l'istintiva gestualità, la sua primitiva forza scevra da contaminazioni e sovrastrutture, a tecniche diverse, tecnologiche, industriali, che conferiscono forma fisica all’incorporeità dell’idea creativa. La materia è il terminale comunicativo che esprime l'organicità del proprio esistere, nel linguaggio delle strutture apparentemente casuali della massa filamentosa, che si avviluppa come una matassa, vincolando la lettura dell'opera d’arte alla capacità dell'artista di creare, rigenerare, modificare, e rendere compiuto un abbozzo di idea. Intuizioni che illuminano i territori dell'immaginazione e trascinano in percorsi di prospettive infinite, di logiche innovative che estendono la portata dei nostri sensi e sollecitano momenti emozionali.
Il Palazzo del Governo di via Roma a Siracusa ospita dal 18 settembre al 3 ottobre la mostra dei disegni di Aurelio Caliri e Maria Leone. Paesaggi dell’uno e ritratti dell’altra. Presentati dallo storico dell’arte Paolo Giansiracusa sabato 18 alla presenza del Sindaco Visentin, dell’Assessore al Bilancio della Provincia Rino Lazzari, dall’Assessore alla Cultura Amenta e da un folto e qualificato pubblico di estimatori del maestro Caliri, musicista, poeta e certosino disegnatore dei paesaggi di una Sicilia antica e meravigliosa. Sulla sua opera ebbe a dire Turi Volanti: "Disegnare un foglio, come fa Caliri, dare senso alla materia – inchiostro, carta o altro che sia – è il risultato di una infinita gestualità, in cui non solo lo mano - prolungamento del cervello - ma tutto il corpo dell’artista vibra al flusso degli strati interiori più profondi. È così che l'artista si è costruito un suo segno attraverso una sua orchestrazione gestuale, cercandolo e trovandolo nelle pietre di una pietrosa Sicilia, panlitica, iblea, prossima al primordio, pietre da cui tutto emerge e con cui tutto si costruisce, consustanziale alla nostra storia dura, alla fatica di una terra mitica ma avara: l'ha trovato nelle case pastorali, nei muri a secco, nelle categorie riarse e nei riarsi spazi di sole feroce, dove assente è l'uomo, in fuga dalla solitudine e dal silenzio panico”. Lo straordinario scrittore svizzero del Novecento, da poco scoperto, Robert Walser, ha scritto: “ Il pittore dovrà amare la natura con più intensità e maggior dolore di ogni altro, con impeto e tremore perfino più del poeta. e aspettazione”. Certamente con amore, tremore e aspettazione Aurelio Caliri continua ad osservare lo natura, fino a quando non sia prossima a rivelargli il suo segreto.
La galleria Roma ospita dal 20 marzo la mostra personale della pittrice Marisa Leanza, priolese. E’ stata presentata dal poeta Salvo Sequenzia che di lei scrive: “Marisa Leanza – in Profili - percorre con estrema rapidità il tempo di una ricerca che da un naturalismo alla Casorati, di spaesante elegia, attraverso momenti traversati da inquietudine e curiosità, approda ad un sentimento della forma caratterizzato da una peregrinazione nel magma della materia colorata. L’artista vede, pensa e sente la realtà come trama intricata di elementi pittorici e, pertanto, le sue percezioni sono restituite sulla tela sub specie cromatica di segno e di luce. Da tale avvertimento affiora una teoria di volti, di corpi, di mani, che si definiscono quali reperti struggenti, assorti, sempre cangianti, modulati su ritmi contratti, scansioni spaziali chiuse e silenti, atmosfere sospese. Nei Profili di Marisa Leanza si colgono legami di forme e di colori che non spiegano né traducono, bensì rappresentano la sostanza stessa delle emozioni evocate, così come esse si riverberano nell'interiorità dell'artista.” Vagamente discontinua la sua produzione che probabilmente deve ancora trovare una univoca amalgama. Per ora affronta temi diversi e differenti stilemi prediligendo però la ricerca di scorci anatomici che emergono dal fondo scuro con squarci di luce dal sapore caravaggesco. Nelle sue opere levità e inquietudine, luce e silenzio, si compenetrano per superarsi a vicenda, ora accentuando il delicato mélange delle tinte, ora acuendo il pathos delle linee scure, come graffi dell’anima. Ogni immagine racchiude felicità espressiva, bellezza lineare e formale, un'interpretazione globale del personaggio, eternato nella sua più intima, intensa spiritualità.
In mostra all’Antico Mercato di Ortigia dal 13 al 27 marzo i dipinti recenti di una delle più interessanti pittrici del panorama siracusano: Sandra Rizza. Una immersione nelle visioni metafisiche che hanno per protagonista la verticalità dei grattacieli di New York, grandi tele che segnano una presa di distanza, che marcano un desiderio di trascendenza, un decollo ardito verso l’infinito e il divino. E piccole tele deliziose e intriganti a completare un viaggio, un volo che atterra nell’inattesa installazione in cui spirali di luce riflessa e gestuali e sensuali movimenti di colore si intrecciano a provocare coinvolgenti “capogiri”. Sandra Rizza ama la sperimentazione, si è appassionata al neo-impressionismo, è stata entusiasta della pop-art, non si è sottratta al contagio della fumettistica e dell’arte pubblicitaria, ma oggi le sue immagini, frutto di una ricerca espressiva inesausta, si imprimono nella retina del visitatore, che scopre come sotto la superficie della contemporaneità si annidi una simbologia profonda, che la pittrice ci consegna con un intuito fuori dal comune.
La galleria Roma ospita dal 20 marzo la mostra personale della pittrice Marisa Leanza, priolese. E’ stata presentata dal poeta Salvo Sequenzia che di lei scrive: “Marisa Leanza – in Profili - percorre con estrema rapidità il tempo di una ricerca che da un naturalismo alla Casorati, di spaesante elegia, attraverso momenti traversati da inquietudine e curiosità, approda ad un sentimento della forma caratterizzato da una peregrinazione nel magma della materia colorata. L’artista vede, pensa e sente la realtà come trama intricata di elementi pittorici e, pertanto, le sue percezioni sono restituite sulla tela sub specie cromatica di segno e di luce. Da tale avvertimento affiora una teoria di volti, di corpi, di mani, che si definiscono quali reperti struggenti, assorti, sempre cangianti, modulati su ritmi contratti, scansioni spaziali chiuse e silenti, atmosfere sospese. Nei Profili di Marisa Leanza si colgono legami di forme e di colori che non spiegano né traducono, bensì rappresentano la sostanza stessa delle emozioni evocate, così come esse si riverberano nell'interiorità dell'artista.” Vagamente discontinua la sua produzione che probabilmente deve ancora trovare una univoca amalgama. Per ora affronta temi diversi e differenti stilemi prediligendo però la ricerca di scorci anatomici che emergono dal fondo scuro con squarci di luce dal sapore caravaggesco. Nelle sue opere levità e inquietudine, luce e silenzio, si compenetrano per superarsi a vicenda, ora accentuando il delicato mélange delle tinte, ora acuendo il pathos delle linee scure, come graffi dell’anima. Ogni immagine racchiude felicità espressiva, bellezza lineare e formale, un'interpretazione globale del personaggio, eternato nella sua più intima, intensa spiritualità.
Si inaugura il 30 gennaio la dodicesima edizione della mostra di beneficenza organizzata per incentivare le adozioni a distanza di bambini del terzo mondo. “L’arte per la vita” registra la partecipazione di molti validi artisti nei locali dell’ex Convento del ritiro di via Mirabella che il Comune ha messo a disposizione. Dice l’organizzatore Giacomo Perticone: “Adesso col vostro aiuto ognuna delle opere esposte potrà servire a nutrire ed educare un bambino per un intero anno e questa vostra corale e pronta collaborazione ha fruttato in undici anni centinaia di adozioni. Questa sinergia fa onore sia a noi artisti che a voi benefattori. Ma soprattutto a voi perché, mentre noi produciamo le nostre opere per soddisfare il nostro bisogno di esprimerci dando sfogo alla nostra fantasia e pertanto proviamo grande piacere a farlo e lo faremmo comunque, voi invece dovete aprire la tasca che sta sulla parte sinistra del vostro petto e non vi accorgete che con questo gesto spalancate il vostro cuore e compite l'azione più bella della vostra vita, quella di fare del bene ad un altro essere umano, quello più fragile, indifeso e impossibilitato ad attivarsi e a reagire a qualsiasi ingiustizia gli venga rivolta: ad un bambino. Come ogni anno siete tutti invitati alla mostra, non mancate, vi prego, In occasione di essa vi verrà omaggiato un catalogo di alcune delle opere esposte che vi ricorderà a lungo in futuro questa dodicesima manifestazione”.
Col patrocinio della Provincia Regionale di Siracusa e del Comune di Augusta il 22 gennaio 2010 si inaugurerà alle ore 18,00 nella sala espositiva dell’A.W.A. International, sita in via Roma 33, il 1° Premio di Pittura CASTELLO SVEVO. L’evento è organizzato dall’Associazione Culturale “Figli di Augusta”, presieduta da Aldo Raina, sotto la direzione artistica del critico d’arte Raimondo Raimondi. La mostra sarà visitabile dal 22 al 28 gennaio, con orario d’apertura 18,00-20,00, mentre la cerimonia di premiazione degli artisti partecipanti avrà luogo venerdì 29 gennaio, alle ore 18,00, nell’Auditorium di Palazzo S. Biagio sempre in via Roma. Questa mostra d’arte contemporanea costituisce un’occasione d’incontro tra il pubblico e gli autori; tema dominante è il Castello di Federico II, che caratterizza Augusta con la sua solenne mole, antico spettatore silenzioso delle vicende storiche della città. Un monumento che deve essere recuperato alla città non solo come bene architettonico ma anche e soprattutto come fruibile contenitore di iniziative artistiche e culturali, cosa che ancora una volta non è stato possibile in questa occasione per le proibitive condizioni imposte dalla Sovrintendenza di Siracusa. La Provincia Regionale di Siracusa ha voluto patrocinare questa iniziativa fortemente voluta dal Presidente Nicola Bono e dal Consigliere Provinciale Paolo Amato. L’iniziativa gode anche del patrocinio del Comune di Augusta. La mostra d’arte vede come protagonisti 20 pittori chiamati alla realizzazione di opere originali, sensibili interpreti del territorio, inteso come insieme di paesaggio ambientale e di beni artistici e culturali. Gli artisti che partecipano al Premio sono gli augustani Giovanni Bruno, Antonino Cammarata, Palmino Cipriano Giuseppe Di Salvo, Bartolomeo Ortisi, Enrico Pugliares, Salvo Pugliares, Raimondo Raimondi e Cinzia Sciolto, il lentinese Franco Condorelli, il pugliese Vito Bitetti e i siracusani Salvatore Accolla, Santo Gallo, Giuseppe Insolia, Vittorio Lucca, Amedeo Nicotra, Luciano Paone, Giacomo Perticone Maria Salustro e Claudio Schifano, tutti nomi importanti del panorama artistico nazionale. Le opere di questi pittori saranno poste in vendita ed il ricavato servirà per realizzare un progetto meritorio: quello di far venire ad Augusta dall’Argentina due giovani figli di emigrati augustanesi che non hanno mai visitato la patria dei loro genitori. Questo grazie ai rapporti che intercorrono tra l’Associazione “Figli di Augusta” e le Associazioni di emigrati augustanesi in Argentina.

La Nuova Galleria Roma ha ospitato la mostra personale del siracusano Salvatore Accolla. Un pittore spontaneo, di sapore naive, ortigiano, affetto da una frenesia creativa che lo porta a dipingere quadri su quadri che un tempo smerciava sui marciapiedi di corso Matteotti ai tanti suoi estimatori che hanno dimostrato di apprezzare la sua arte, la sua vena creativa a volte visionaria, a volte frutto di palpabili tormenti interiori. Questi appassionati hanno assorbito centinaia e centinaia di opere che troviamo un po’ ovunque: negli uffici pubblici, nei ristoranti, nelle case private. Poi Accolla ha fatto un passo in avanti esponendo le sue opere in varie gallerie d’arte nelle quali ancor più è valsa l’attrazione esercitata dai suoi colori e dalle strane forme dei suoi soggetti preferiti. Le sue tele, infatti, raffigurano animali, barche, gatti, tetti, arlecchini e rivisitazioni personalissime di opere famose, un infinito caleidoscopio di figurazioni cromatiche, veramente tantissime opere che, comunque le si voglia giudicare, hanno tutte un denominatore comune, una personalissimo linguaggio che, già di per se, è un risultato difficile da raggiungere in campo artistico. La riconoscibilità immediata di un quadro di Accolla, la tipicità della sua tematica e della sua cromìa, fa si che, anche quando il soggetto ritratto risulta apparentemente banale, l’opera riesce comunque ad assumere una valenza estetica. Le opere di Accolla erano state presentate al pubblico qualche anno fa nei prestigiosi locali della Galleria Civica di Montevergini al tempo della gestione di Michele Romano, che così allora si era espresso in una brochure realizzata per l’occasione: ”Trovarlo è semplice (Ortigia-Corso Matteotti), scoprirlo artisticamente è più difficile. Chiunque osserva le sue opere rimane meravigliato dall’uso di un colore anti-accademico, con un segno o una pennellata sintetica e dalle geometrie asciutte e solitarie. “Solitario” è il suo vero nome, un artista di strada che dipinge le sue realtà anche a richiesta: “Vuoi una barca? Vuoi un arlecchino? Cosa vuoi che ti faccia?- Tu, fruitore attento, hai fiducia e con pochi soldi ricevi un dono, un’opera d’arte aretusea”. Salvatore Accolla è veloce nell’esecuzione, poco attento ai particolari, si affida al gesto veloce e graffiante e ad una coloristica amalgamata e giocata su poche gradazioni, dando a volte addirittura il senso di una monocromìa o di una bicromìa, spesso è approssimativo nella costruzione del quadro, ma è sempre originalissimo nell’immaginazione cromatica e nella sintesi del disegno, fino ai limiti di una astrazione pittorica degna di ben maggiore considerazione e di cui, come sempre avviene nelle terre di Sicilia che costantemente applicano l’antico detto “nemo propheta in patria”, si sono già accorti molti stranieri appassionati d’arte.
Peccato per chi si è perso la mostra fotografica della giornalista e fotografa Sheila McKinnon “Invisible women e l’ambiente” svoltasi a Siracusa qualche tempo fa. Invisibile Women è una mostra itinerante di Sheila McKinnon dedicata a tutte quelle instancabili, straordinarie donne che dall'origine, in tutto il mondo, hanno avuto un ruolo determinante nel lungo cammino dell'umanità. Le immagini, di grande bellezza formale, ricche di colore e contrasto, ritraggono donne del Sud del mondo colte nei gesti essenziali anche se discreti (tanto da essere invisibili) del loro rapporto con la terra, l’acqua, gli alberi, il cibo. Alcune delle fotografie avevano fatto parte di varie personali che Sheila McKinnon ha organizzato a Roma, Milano, Bologna, Fondi e Sassuolo. La mostra fu organizzata in collaborazione con AIDOS, Associazione italiana donne per lo sviluppo. Sheila McKinnon è nata in Canada e vive da molti anni in Italia. Ha lavorato come fotografa e giornalista per varie testate europee e nord americane: The New York Times, Newsweek, The International Herald Tribune, Die Welt, Beaux Arts Magazine, Wellesley Magazine ed altre. In occasione della mostra fu presentato in anteprima il video “Waiting for light”, un cortometraggio della stessa McKinnon con musiche di Tonj Acquaviva, fondatore del noto gruppo musicale “Agricantus”. Un video sulle drammatiche trasformazioni ecologiche viste e sentite tramite i suoni e le immagini della fotografa e del musicista. Un flusso di immagini provenienti dai cinque continenti, sostenuto e rafforzato da una potente miscela di strumenti antichi e contemporanei. Una costante evoluzione dall'energia della creazione alle creazioni dell’umanità. Il crollo di tutto ciò in una sterile solitudine del pianeta e dentro di noi. Ma c’è spazio per una fragile speranza di rinascita.