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Di seguito tutti gli interventi pubblicati sul sito, in ordine cronologico.


Che storia narra il romanzo "La cattiveria del silenzio"?
E' una storia dura, condotta in prima persona dal protagonista, uomo solitario e schivo capace di intenzioni delittuose. Nel suo passato una lunga storia che il lettore conoscerà pian piano attraverso una serie di flash back. L'incontro con Italia, giovane donna che non lo sfugge ma, anzi, costituisce per lui un'ancora di attracco, cambierà la sua vita fino ad una tragica conclusione. Lungo la tormentata narrazione compaiono memorie e personaggi: il notaio Adelmo Lo Monte, il monaco padre Pellegrino, lo psichiatra Mogherini, la ragazzina islamista Zora, la fattucchiera rom Josipa, il vecchio mezzadro don Totò. E, nel cammino delle pagine, considerazioni sulla vita e sulla solitudine di questo mondo contemporaneo, nel quale pare non ci si possa rapportare con i propri simili. Va in scena l'eterna lotta tra il bene e il male nel silenzio delle coscienze:
Quali letture giovanili hanno contribuito a formare la tua fantasia di scrittore?
Martin Eden di Jack London, la trilogia I pascoli del cielo - La perla - Vicolo Cannery di John Steinbeck, La bella estate e La luna e i falò di Cesare Pavese, Metello e Il quartiere di Vasco Pratolini, L'antro dei filosofi di Giorgio Scerbanenco, l'Ernest Hemingway di Festa mobile e di Per chi suona la campana, l'Ercole Patti di Quartieri alti, Oblomov di Goncarov, Il tamburo di latta di Gunter Grass.
E oggi quale autore apprezzi di più?
Senza dubbio alcune scrittrici come Rosella Postorino per Le assaggiatrici, Veronica Tomassini per Sangue di cane e Cristina Cassar Scalia per Sabbie nere: tutte donne del meridione, peraltro. Poi il francese Michel Bussi di Ninfee nere e di Mai dimenticare. Ancora, Emmanuel Carrere de L'Avversario. Il resto - come dicono gli Imperdonabili - è solo mercato editoriale pompato a dismisura da confraternite, sempre le stesse, che regolano i grossi premi letterari e usufruiscono dei passaggi pubblicitari nelle trasmissioni televisive.
di Raimondo Raimondi (pubblicato il 11/01/2020 alle 17:19:38, nella sezione CULTURA, 563 letture)
Sabato 11 e domenica 12 gennaio a Roma, nella sala meeting dell'hotel Parco del Pini all'EUR, si svolge l'incontro costituente degli Imperdonabili, innovativo movimento letterario messo in piedi dalla scrittrice siracusana Veronica Tomassini e dallo scrittore/editore Giulio Milani (nella foto)
. Qualcuno dice che gli imperdonabili non sanno ciò che vogliono, ma sicuramente sanno quel che non vogliono. E lo elencano, punto per punto attaccando l’editoria, colpevole di non voler uscire da un’asfissia di firme e commenti di propaganda che dalla carta stampata alla tv, da internet alle radio, si auto esaltano senza mai aprirsi e lasciare spazio a voci nuove e diverse. Tra l'altro, quando la chiusura al nuovo determina la formazione di un pensiero dominante, stantìo e monocorde, non c'è spazio per qualsivoglia rivoluzione o avanguardia, restando tutto attanagliato nell'establishment, non solamente ideologico ma assai spesso commerciale. Nel silenzio assordante della cultura di massa, pertanto, si sentiva il bisogno di questa rottura, necessaria perché si possa ipotizzare un miglioramento delle sorti culturali di questo paese. E questo stanno facendo, con inaspettato seguito e insperabile successo, gli Imperdonabili, che stanno organizzandosi ormai a livello regionale, creando addentellati e alleanze. Personalmente ho già espresso il mio apprezzamento al Movimento degli Imperdonabili che nasce senza dubbio da una esigenza di relazionare in una fitta rete intellettuali e artisti che poco si conoscono tra loro e dalla consapevolezza (rivoluzionaria) che il mercato editoriale va aggredito da dentro, dando vita a un progetto ampio e partecipato, basato innanzitutto sul superamento degli interessi personali e delle contrapposizioni ideologiche. Chi aderisce al Movimento dovrebbe concepire la correttezza come metodo dell’agire, specialmente in questa epoca nella quale dobbiamo far fronte ai gravi problemi causati dall’emarginazione (da parte delle filiere di distribuzione editoriale) e dall'approssimazione (da parte di scrittori e artisti vanamente autoreferenziali). Questa è l’iniziativa di scrittori, poeti, librai, giornalisti, critici, editori e soprattutto lettori che ha per obiettivo comune quello di trovare un linguaggio e una prospettiva differenti rispetto all’omologazione culturale e artistica del nostro paese.

IL MANIFESTO DEGLI IMPERDONABILI
Siamo contrari alla prevalenza del politicamente corretto, alla pedagogia sacerdotale, all’ideologia della verosimiglianza, al didascalismo dei professionisti dell’impegno politicizzato; vogliamo allargare i confini estetici e culturali della ridottissima compagnia di giro fatta di premiazioni, fiere, festival, passaggi radiofonici e tv, che non incide minimamente nella crescita dell’interesse per il libro e per la lettura ed è composta dai soliti noti.........Come si può parlare di «Repubblica delle lettere» e di «democrazia dei lettori» se i lettori non sono a conoscenza che di una minima parte della produzione libraria e culturale? Non esiste una crisi dell’informazione, ma una crisi della civiltà del libro. Occorre allora ridefinire ruolo e funzione del contesto editoriale e letterario, capire perché bisogna salvare il libro, prima di stabilire come salvarlo: la prima cosa da fare è incontrarci, verbalizzare i problemi del settore a tutti i livelli e con tutte le categorie interessate. Serve un nuovo network tra editoria di ricerca e giornalismo, per esempio un settimanale, dove sviluppare un pensiero libero e critico dell’esistente. Serve una forza uguale e contraria per contrastare, tramite iperboli, parodie e contrapposizioni, i simboli dello status quo: per esempio, un premio nazionale antitetico allo Strega – poniamo il premio Fattucchiera – che faccia conoscere al grande pubblico gli elementi di spicco della produzione letteraria libera, colpevolmente tenuta nascosta per tanti anni. Se i lettori diminuiscono, se il sistema editoriale è al collasso con le sue quasi ottantamila novità all’anno, se insomma al libro e alla cultura non viene più riconosciuto un valore è perché il libro e la cultura non sono più percepiti come utili al società. Occorre ribaltare questa prospettiva, liberando temi, autori, contenuti capaci di raccontare la nostra epoca selvaggia, paradossale. Gli imperdonabili si rivolgono allora a un lettore adulto, intelligente, curioso, ironico, sulle cui capacità di interpretazione del testo abbiamo piena fiducia: vogliamo cambiare il paradigma Rollo/Franchini in narrativa. Ci sono autori, editori, tecniche narrative, temi nuovi che devono essere portati a conoscenza di tutti. Nello stesso tempo ci sono libri vecchi come il mondo – la Bibbia, il Corano, i Veda – o classici del pensiero dimenticati dall’editoria di massa, che vanno ritradotti per riappropriarci della tradizione. Ma si deve pensare anche al movimento inverso, come testi poetici o in prosa senza il nome degli autori, affinché tutta l’attenzione sia sulle opere. Occorre allora inaugurare una o più collane, in coedizione tra editori imperdonabili, magari sostenute da un fondo per la cultura per garantire una prezzo e una distribuzione vantaggiosi. La scuola è un luogo di formazione strategico, dove però il libro è trattato principalmente come veicolo di informazione o strumento da cui trarre e memorizzare informazioni. Bisogna affidare a scrittori e poeti selezionati in base a requisiti di merito la materia di scrittura creativa; ma anche aprire una collana legata alle produzioni dei ragazzi. Inoltre si deve portare il libro in luoghi imperdonabili come gli ospedali, per il sollievo, e le carceri, per la sollevazione. L’Arte si scontra similmente con un mondo, quello dei musei e delle mostre, che in maggior parte ha paura del nuovo, è timoroso rispetto alle strade non percorse seppur cammini su di una via completamente dissestata, ormai sull’orlo del precipizio. Nonostante l’Arte Contemporanea mostri uno sperimentalismo di facciata, nella maggior parte delle istituzioni dedicate alla stessa vige un paradossale attaccamento a formule preconfezionate. Manca come in editoria una politica culturale che faccia comprendere l’utilità sociale della cultura, la necessità di sostenerla economicamente, e il coraggio di produrre nuove idee. Gli artisti imperdonabili sono pronti a collaborare insieme per l’emersione di nuove idee, luoghi, iniziative.
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