Sul delicato caso dell’Ospedale Muscatello di Augusta che, tra tante polemiche, sta infervorando gli animi in vista della manifestazione generale del 27 settembre, la giovane augustana Serena Tringali, della quale avevamo già apprezzato alcuni interventi durante le assemblee del comitato svoltesi nella sala conferenze dell’ospedale, fa pervenire una lettera aperta che vale la pena riportare: “Credo – dice la Tringali - che la nascita di un comitato o coordinamento cittadino per l'ospedale, ad Augusta, sia stata una necessità e non una presa di posizione, tanto perchè un giorno alcune persone avevano voglia di "farisi taliari". Partecipando alle riunioni, tra gli altri ed oltre alla sottoscritta, giovane cittadina augustana libera, ho sempre visto molte madri di famiglia, persone anziane e persone che poco hanno a che fare con la politica. Ovviamente non sono così ingenua da pensare che le intenzioni di tutti i partecipanti siano in buona fede o senza scopo di visibilità (purtroppo non esiste ancora un test elettronico sulla coscienza per cui si possono allontanare certi soggetti anziché altri, ma credo che un po' "di spirtaggine" per capire certe cose ce l'abbiamo tutti!), ma parto dalla premessa fondamentale che quella della nascita di un comitato cittadino sia stata la conseguenza di una mancata rappresentanza politica e di un'inadeguata gestione della vicenda Muscatello da parte delle istituzioni. Ad oggi, dove è palese che nulla è cambiato, mi chiedo come si possa colpevolizzare della situazione il comitato cittadino. E' come se si volesse imputare la colpa dell'intero fallimento del nostro sistema rappresentativo a coloro che con i loro mezzi non istituzionali e probabilmente amatoriali, hanno provato, investendo tempo e sacrifici, a cercare quantomeno delle risposte o degli appigli! Signori mi stupisce che qualcuno pensi davvero che un comitato cittadino possa salvare la città... se fosse così facile domani stesso fonderei un comitato nazionale e manderei l'intero governo a casa! L'ospedale andava e va salvato da coloro che ne hanno decretato l'inesorabile fine, poiché sono loro gli unici ad avere un tale potere. L'unico riconoscimento che possiamo attribuire ad un comitato cittadino è quello di essersi fatto portavoce dei malumori e del superato limite da parte dei cittadini, di averli resi quanto possibile partecipi ad una vicenda, che in caso contrario, sarebbe passata indenne quantomeno nell'opinione pubblica cittadina: insomma l'ennesimo sopruso sotto i baffi! Un comitato può organizzare riunioni, invitare politici e rappresentanti senza che essi siano costretti a presenziare, può organizzare cortei, manifestazioni, può incitare alla partecipazione ma non alla violenza, può farvi capire in tutti i modi che il 27, ad esempio, più siamo più avremo modo di arrecare i disagi che molti auspicano. Un comitato, insomma, non può rispondere delle incompetenze di un sistema politico assente e affarista, ma può provare, con i mezzi che ha, a coinvolgere la cittadinanza, in nome di una sovranità popolare, di un riscatto e di una ritrovata coscienza civica! E siccome qui nessuno, almeno sulla carta, è un professionista della cosa pubblica, gli errori ci sono stati e probabilmente ci saranno, ed è giusto esprimere perplessità e proporre alternative, ma sempre in nome dell'unione, non del disfattismo o del "prendo le distanze da"! Mi dispiace, cari "signori", voi fermatevi pure a riflettere, io non ho nemmeno 30 anni e il mio futuro in sordina non lo faccio passare! Il 27 ci sarò, comunque vada, lo devo a me stessa e al mio domani”.